Analisi strutturale sul Grattacielo Intesa San Paolo di Torino

Questa mattina appena arrivato in studio ho letto, tra le centinaia di mail, quella del grattacielo di Torino, Intesa San Paolo, progettato dal team di Enzo Piano. A quanto pare tale struttura presenta dei fenomeni deformativi controllabili, a dire degli autori, che hanno allarmato un pochino gli addetti ai lavori.

In pratica la configurazione geometrica si discosterebbe da quella teorica indeformata. Gli stessi autori dell’articolo su ingegneri.info comunicano che la particolare configurazione oggetto della trattazione (definita come “effetto a banana”) è conseguenza della geometria e delle rigidezze in gioco. Per meglio comprendere il fenomeno, per nulla eccezionale e poco “dannoso” per la struttura in servizio (tale da non richiedere particolari interventi mirati alla sua mitigazione o annullamento) occorre esaminare sommariamente lo schema statico a cui può essere ricondotto l’edificio.

In tale articolo non voglio commentare minimamente quanto potrebbe essere grave o banale il problema incorso ai progettisti della struttura, ma vorrei mettere in evidenza delle piccole problematiche che durante ogni lavoro, di qualunque natura, dovrebbero analizzarsi.

Fin dagli anni 90 gli Eurocodici, ed oggi anche le nostre norme italiane (NTC2008), sostengono in regole e principi l’assoluta importanza, soprattutto in zona sismica (ed io direi che tutto il nostro territorio è da definirsi sismico!!) della regolarità in pianta ed in elevazione. In pratica, ed in modo banale, nel seguito indicherò principi di base e fondamentali che ogni progettista dovrebbe assolutamente rispettare, per quanto possa trattarsi di opera ideata da architetti di grido.

Più e più volte ho scritto tali affermazioni in volumi dedicati all’ingegneria strutturale e sismica e in vari convegni …

L’architetto e lo strutturista devono parlare la medesima lingua. Non è possibile, soprattutto in opere importanti, che lo strutturista venga a trovarsi nelle condizioni di non poter assolutamente cambiare né forma né caratteristiche geometriche all’edificio in oggetto di progettazione.

La prima regola è che il baricentro delle masse deve portarsi il più prossimo al baricentro delle rigidezze. Più la distanza è grande più i fenomeni deformativi roto-flessionali saranno evidenti non solo per condizioni di carico di natura statica, ma soprattutto, per condizioni di carico dinamiche come potrebbero essere vento e terremoti.

Passando all’analisi più specifica della regolarità in pianta ed in elevazione ecco cosa suggerisce la norma tecnica ed i consigli del “buon padre di famiglia”.

  • La configurazione in pianta deve essere compatta e simmetrica rispetto ad entrambe le direzioni ortogonali in relazione, come si diceva, alla distribuzione delle masse e delle rigidezze.
  • Inscrivendo la pianta dell’edificio in un rettangolo, il rapporto tra i lati dovrà essere inferiore a 4.
  • Non devono esserci né rientri né sporgenze superiori al 25% della dimensione totale della costruzione in ogni direzione
  • I solai devono poter essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto alle membrature verticali.
  • Tutti i sistemi verticali resistenti dell’edificio dovranno estendersi per tutta l’altezza della struttura.
  • Le masse e le rigidezze devono restare costanti per ogni singolo piano o dovrà esserci una gradualissima variazione, senza bruschi cambiamenti. Questo deve essere valido dalla base fino alla cima della struttura.

Le strutture che noi costruiamo dovrebbero essere considerate viventi. Questo significa che movimenti sono sempre ammessi e sono sempre controllabili … Mai, però, dovrebbe succedere che fenomeni deformativi siano talmente evidenti da essere notati da tutti. È come notare una persona che durante una normale passeggiata inizia a zoppicare. L’armoniosità delle fattezze scheletriche umane dovrebbero farci capire la geometria razionale e semplice delle strutture che andiamo a calcolare.

Sperando di essere stato di aiuto a qualcuno, egregi saluti.
Dott. Ing. Giuseppe Albano

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