Al fine di valutare la sicurezza strutturale per gli edifici storici sarà costruita una banca dati contenente per ogni struttura diversi dati, come consegnato nell’allegato A del DPCM, riepilogati in schede relative alla conoscenza della costruzione e del suo stato di conservazione, nonché alla valutazione della vulnerabilità e del rischio sismico o degli interventi progettati necessari per la prevenzione.
La finalità di tale operazione è quella di costituire un “libretto” delle opere sottoposte a tutela al fine di stabilire un opportuno grado di conoscenza del livello di sicurezza che tali edifici sono in grado di mettere in gioco nelle aree maggiormente sismiche.
La valutazione della sicurezza sismica non potrà essere che determinata con dei metodi semplificati che saranno diversi da altre procedure utilizzate nel progetto di interventi di miglioramento o adeguamento sismico.
Il DPCM 9.02.2011 stabilisce la necessità di valutare l’azione sismica di riferimento, definita come l’azione sismica attesa nel sito con una prefissata probabilità di superamento su un periodo di riferimento definito sulla base delle caratteristiche del manufatto e del suo uso.
Il rapporto tra il periodo di ritorno dell’azione sismica di riferimento con il periodo di ritorno dell’azione sismica allo SLV, del luogo, viene definito Indice di Sicurezza Sismica. Potrebbe succedere che l’azione sismica allo SLV sia di molto inferiore dell’azione sismica di riferimento attesa nel sito; ciò determina la necessità di eseguire una valutazione più accurata ed eventualmente intervenire entro un intervallo di tempo più breve del periodo di riferimento. Quindi, la struttura potrebbe
considerarsi sicura nei confronti di un terremoto con periodo di ritorno più breve rispetto a quello dell’azione sismica di riferimento.
Il concetto di Vita Nominale, stabilito nelle NTC, rappresenta il parametro attraverso il quale si possono programmare gli interventi aventi lo scopo di moderare il rischio.
Nella direttiva DPCM sono consegnati semplici modelli meccanici utilizzabili per le più diffuse tipologie di manufatto storico che anche se soggetti ad incertezza hanno la funzione di fornire una valutazione omogenea e comparabile a scala territoriale e pertanto
molto importante al fine della valutazione e pianificazione degli interventi necessari.
Sempre ai fini della valutazione della sicurezza strutturale, la Direttiva stabilisce tre diversi livelli. Il livello LV1 (Livello di Valutazione 1) consente la determinazione dell’azione sismica di collasso (allo SLV) utilizzando dei metodi semplificati come potrebbe essere, ad esempio, l’uso di pochi parametri geometrici nella definizione delle murature o nell’individuazione dei parametri meccanici delle stesse; altre semplificazioni potrebbero essere ricercate nella valutazione visiva della
consistenza muraria del complesso di fabbrica.
Ovviamente, per interventi più accurati relativi al miglioramento sismico, o riparazioni o interventi locali (come dalle NTC, paragrafo 8.4) i livelli di valutazione della sicurezza sono i seguenti:
- LV2: è il livello destinato alla riparazione o all’intervento locale, quindi interventi che non modificano significativamente il comportamento globale strutturale. In tale caso il DPCM stabilisce che l’accelerazione sismica di collasso allo SLV venga determinata come stabilito per il LV1, quindi ancora attraverso metodi semplificati;
- LV3: livello di valutazione della sicurezza destinato agli interventi di miglioramento; progetto di interventi diffusi nella costruzione che non dovrebbero influenzare il comportamento globale accertato.
In questo ultimo caso si può valutare un modello strutturale globale ai fine della valutazione della sicurezza purché possa essere considerato attendibile. Oppure, è possibile procedere attraverso analisi locali stabiliti per il LV2, a patto che siano applicati in modo generalizzato su tutti gli elementi della costruzione. Il DCPC recita: il livello LV3 può essere utilizzato anche quando, in assenza di un progetto di intervento, venga comunque richiesta un’accurata valutazione della sicurezza sismica del manufatto.
Stabilire per i beni culturali tutelati, procedure di verifica della sicurezza tipiche di edifici ordinari, non è propriamente logico, in quanto opere di natura storica presentano delle variabili naturali sia per le trasformazioni strutturali e non , subite nel corso della storia, sia per elevata incertezza delle tipologie costruttive e delle qualità meccaniche delle murature.
Quindi, modellazione ed analisi strutturali moderne portano ad incertezze di comportamento effettivo. La Direttiva stabilisce che, seppure quanto predetto risulta verità, è comunque necessario procedere ad una modellazione, quanto più vicina alla realtà ed
affidabile, anche nel caso di strutture tutelate, ciò al fine di valutare le azioni telluriche corrispondenti al raggiungimento di ciascun stato limite previsto per la tipologia costruttiva dell’edificio in oggetto secondo quanto già consegnato dalle NTC.
Si ricorda che è sempre necessario procedere alla definizione di un modello di calcolo affidabile sia nella situazione pre intervento che post intervento. Affinché possa essere più chiaro al lettore quanto predetto si riporta un passo del DPCM che in tal senso recita.
Nel caso in cui il progettista dovesse ritenere che non è possibile mettere in conto nella valutazione della risposta strutturale il contributo di alcuni aspetti costruttivi, la cui importanza è emersa a seguito della conoscenza storica e tecnologica del manufatto, è possibile quantificare tale effetto su base soggettiva, giustificando ciò adeguatamente (vedi § 2.5). Questo avviene ad esempio quando non si riesce a tener conto di elementi cosiddetti non strutturali o di connessioni, per cui il modello di calcolo risulta decisamente a favore di sicurezza; in altri casi può accadere che le ipotesi alla base del modello non
siano a favore di sicurezza (ad esempio, la schematizzazione del solido murario come corpo rigido).
Nel caso quindi in cui, anche a seguito dell’intervento, venga conservato il comportamento originario, si ammette che il modello di calcolo possa non riprodurre completamente la realtà e che i risultati da questo forniti possano essere integrati da valutazioni qualitative. Invece, nel caso in cui l’intervento modifichi sostanzialmente il comportamento accertato, eventualità assolutamente straordinaria in quanto in genere incompatibile con i principi della conservazione e che potrà essere accettata solo in presenza di situazioni particolari, è necessario disporre di un modello meccanico capace di rappresentare il comportamento del nuovo organismo resistente, non essendo più possibile fare affidamento, per l’interpretazione del comportamento complessivo, su quanto individuato attraverso la conoscenza storica del manufatto, ferma restando l’importanza di questa per la scelta di interventi corretti sui singoli elementi costruttivi.
A questo punto della trattazione è bene ricordare che per la Direttiva del DPCM 9.02.2011 è possibile derogare dalle procedure tipiche di edifici ordinari nel caso di adeguamento sismico.
Sempre al fine di determinare la valutazione della sicurezza sismica è necessario procedere alla determinazione dell’indice di sicurezza sismica nella situazione attuale e nella situazione post intervento, seppur tali interventi saranno compatibili con le esigente di tutela del bene vincolato. Tali indice, anche definibile Fattore di Rischio, potrà essere superiore all’unità, quindi l’intervento di miglioramento è soddisfacente; potrà essere anche inferiore all’unità. In questo ultimo caso la Direttiva dice che il progettista può giustificare l’intervento ricorrendo anche a valutazioni qualitative, che dovranno essere tradotte in termini quantitativi, adeguatamente giustificati in una relazione esplicativa ad integrazione della relazione di calcolo.
La filosofia che si nasconde dietro la Direttiva è molto semplice. I beni sottoposti a tutela sono un bene nazionale e pertanto è necessario evitare, quanto più possibile opere superflue o pesanti anche a scapito dell’aumento del livello di rischio sismico. Si potrà anche accettare un livello di rischio superiore rispetto a quello delle strutture ordinarie, piuttosto che intervenire in modo contrario ai criteri di conservazione del patrimonio culturale italiano. Il confronto fra lo stato attuale e quello post intervento ha il senso di definire se l’intervento progettato è o meno efficace, oltre che fornire una misura del livello si sicurezza sismica del manufatto prima dell’intervento.
Il progettista ha sempre il compito, di concerto con il committente, di definire la Vita Nominale del fabbricato oggetto di miglioramento, riparazione o intervento locale, in modo da stabilire il numero di anni per cui il corpo di fabbrica può essere considerato sicuro nei confronti dei diversi stati limite.
A questo punto il DPCM definisce nuovamente e più precisamente per le opere tutelate la Vita Nominale: è il periodo nel quale la struttura può essere considerata sicura, nel senso che è in grado si sopportare l’azione sismica che ha una fissata probabilità di occorrenza nel periodo di riferimento ad essa collegato (tenendo conto, attraverso il coefficiente d’uso, della funzione svolta dal manufatto).
Si ricorda che esistono anche delle opere tutelate di elevato interesse storico ed artistico che svolgono anche funzioni strategiche o rilevanti come ospedali, scuole, caserme … derogare l’adeguamento sismico adottando il miglioramento sismico, in tale caso particolare, consiste semplicemente nell’accettare per l’edificio una vita nominale più breve, ma è evidente che se questa scende al di sotto di certi limiti la probabilità annuale di occorrenza del terremoto che porta allo SLV potrebbe risultare troppo elevata, oltre al problema di dover procedere in tempi ravvicinati ad una nuova verifica strutturale in toto. È fin troppo chiaro, non solo dalla Direttiva ma anche dal buon senso, che qualora il livello di rischio sismico sia molto alto, cioè la vita nominale assoggettabile sia molto bassa, sarà opportuno cambiare la destinazione d’uso del corpo di fabbrica e spostare la funzione strategica in altro edificio.
Al solo fine di un semplice esempio si potrebbe considerare il caso tipico di una Caserma di Carabinieri localizzata in pieno centro storico in stabile d’epoca sottoposto anche a vincolo dai Beni Culturali (Comune di Lucera FG). È assolutamente evidente che il fabbricato svolge un ruolo strategico e rilevante. Opere di miglioramento sono state eseguite 10 anni fa. Potrebbe essere necessario procedere nuovamente ad una verifica strutturale dell’intero complesso tra non oltre 10 anni da oggi. Ciò significherebbe che la Vita Nominale (è un puro esempio non corrispondente, si spera, a realtà!!) non sarebbe potuta essere superiore a 20 anni. Ivi è da ricordare che 10 anni fa non esisteva ancora il concetto di VN.
La committenza, il Comune, di concerto con il progettista delle opere di intervento dovrebbe, in data odierna, ristabilire il grado di sicurezza ed il fattore di rischio della Caserma utilizzando la filosofia della Direttiva e valutare se il Livello di Rischio è accettabile non solo in termine di Vita Nominale, ma anche e soprattutto in termine di accelerazione sismica di collasso allo SLV.
È palese, si ricorda, che una Vita Nominale bassa corrisponderebbe ad un inferiore valore delle accelerazioni sismiche per le quali si dovranno verificare i beni tutelati.
P_k=350 da N/mc